CARRETERA CENTRAL
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"Per loro gli indios erano coloro che trascorrevano l’intera giornata a masticare foglie di coca per non sentire la fame. Loro, che erano lì per aprire strade lungo i tracciati delle piantagioni di coca, erano i gringos."

 
 
 
Prologo
 
   Avevo scoperto attraverso Google Earth che l'accampamento nel mezzo della amazzonia peruviana era probabilmente ancora lì. Quella macchia marroncina immersa in una marea di pixel verdi era il luogo dove avevo vissuto gli anni della mia prima infanzia, quella presso la quale si trasferirono i miei genitori nel 1966 per seguire il lavoro di mio padre per una società italiana di costruzione strade nel mondo.
   Il centro abitato più vicino, Tingo María, fornito di una pista di atterraggio quale principale collegamento con il mondo esterno, da quel poco che sapevo, era un piccolo agglomerato a metà strada tra due più grandi, Huánuco e Pucallpa, che spesso sentivo nominare da bambino ma che poi in età più adulta non sono più entrati in nessun racconto.
   Prima della diffusione in rete delle foto satellitari, la geografia di questi luoghi era fatta di nomi che comparivano appena sulle mappe a grande scala, e in quelle dove venivano indicati l'approssimazione era tale da ricordare più i segni di una mappa del tesoro.
 
   Le immagini di Google non erano di grande qualità e il tutto sembrava più che altro una ricostruzione forzata, quasi fantasiosa. Passarono anni senza che me ne occupassi più, quando un giorno mi fiondai d'impulso a dare una sbirciatina oltreoceano.
   Avevano mappato di nuova la zona, l'area dell'accampamento era più definita, e la macchia marroncina aveva assunto i contorni più precisi di un villaggio.
   Per un attimo mi si interruppe il respiro, tamburellando con l'indice sul mouse, inspirai lentamente e zoomai. Si distinguevano i tetti delle case, le loro posizioni rispetto a dei tracciati di strade e il verde della foresta.
   Confrontando le foto aeree degli anni Sessanta con quella del satellite, quelle tracce sembravano replicare con impressionante fedeltà la particolare conformazione dell’accampamento: la strada a U, attorno alla quale erano allineate le palazzine degli uffici, le sagome di grigi rettangoli, che interrompevano il verde della selva, esattamente posizionate come nella collocazione degli edifici di allora. Anche i nuclei di tetti in mezzo al verde erano coincidenti con la posizione delle case sparse riprese dalla foto aerea.
 
   Fu una botola per una memoria esile, che per quanto contraffatta da tanti Superotto d'archivio, era ancora li, tenace a riscuotere i suoi legami.
   Ipotizzai che quelle macchie grigie, di forma così regolare e prive di ombra, potessero essere i resti delle basi in cemento sulle quali erano costruite le palazzine in legno e da quelle ricostruii allineamenti, proporzioni tra spazi vuoti e pieni, per determinare il più probabile punto dove potesse essere la nostra casa.
 
   Scorrendo i documenti in rete diventò mano a mano più chiaro anche quale fosse il lavoro di mio padre, da lui sempre relegato a semplice lavoro all'estero, e cosa rappresentasse per quelle zone.
   Stavano costruendo quella che ancora oggi è l’unica arteria stradale che attraversa il Perù da Lima alla foresta amazzonica superando le Ande, la Carretera Central, quella sulla quale si basa lo scambio di merci via terra e lungo la quale transitano la maggior parte delle persone per cui un aereo è troppo costoso. La stessa che qualche anno prima fu solcata da "la poderosa II".
 
   Trovai addirittura l’albergo a Tingo María presso il quale i miei genitori avevano soggiornato in attesa di costruirsi la casa, hotel Madera Verde, ex hotel del Turista. La galleria fotografica del loro sito mi restituì le immagini dello stesso residence di allora, un cenno dell'esistenza di quei posti che mi indusse a inviare più di una mail per richiedere informazioni, ma non ricevetti risposta. Ogni sito web sembrava una scatola vuota, abbandonato alle liane di una jungla parallela, poi improvvisamente dopo qualche anno le informazioni in internet sembravano esplose, su Youtube si trovavano anche filmati turistici e amatoriali che rendevano sempre più tangibile e vicina la quotidianità di quei luoghi.  Con Street View potevo percorrere le strade in lungo e in largo più volte, come un investigatore cercavo di aggiungere quanti più tasselli potessero condurmi quasi sotto quella casa dell’infanzia.
   Arrivai a identificare il bivio dal quale, dalla Carretera Central, si diramava la stradina che, dopo pochi chilometri, portava all’accampamento.
   Ma non ci fu niente da fare, lì si fermava.
   Con riferimenti su facebook avevo persino rintracciato i proprietari di un ristorante pochi metri prima del bivio, scrissi loro più volte nel tentativo di trovare qualcuno disposto a scattare delle foto sul posto dell'accampamento. Nessuna risposta, ma forse pretendevo troppo.


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Foto
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